L’Africa subsahariana sarà l’area geografica scelta per il focus di quest’anno del Festival. Non un unico Paese, bensì una vasta zona del continente africano che in anni recenti ha confermato, anche attraverso la produzione cinematografica, una particolare attenzione alle tematiche del lavoro. La ricerca ha portato all’individuazione di una serie di film che ha messo in primo piano storie individuali e collettive rendendo possibile una visione e una conoscenza approfondite delle condizioni lavorative in quei territori.

Si pensi a titoli che provengono dalle cinematografie di Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Nigeria che ben rappresentano questi argomenti e che negli ultimi due anni hanno partecipato ad alcuni dei più importanti festival di cinema.

Dal Burkina Faso arriva Or de vie (2023) del cineasta maliano Boubakar Sangaré che si è recato in una miniera d’oro nel Sud del Burkina Faso per documentare la vita di chi, come l’adolescente Rasmane e i suoi coetanei, lavora ogni giorno dalla mattina alla sera nelle miniere insalubri e prive delle minime protezioni. Creando un incredibile rapporto con coloro che lo attorniano, il regista mostra i giovani protagonisti sia al lavoro sia nei rari momenti di svago, mentre cucinano, mangiano insieme e conversano di loro stessi, delle loro aspirazioni, delle loro esperienze di crescita e delle loro famiglie.

Con Eat Bitter (2023), co-produzione tra Repubblica Centrafricana e Cina, le registe Pascale Appora-Gnekindi e Ningyi Sun esplorano i rapporti personali, economici, sociali tra la popolazione del posto e quella cinese che si è installata nella capitale Bangui con imprese attive nel settore edilizio. In questo film, ogni persona lotta a modo suo per la sopravvivenza della propria famiglia in un Paese devastato dalla povertà e dalla guerra civile.

Il Madagascar filmato da Michaël Andrianaly in Gwetto (2023) è quello dei giovani immigrati senza tutele giunti a lavorare nella capitale economica Tamatawe in una stazione di lavaggio d’auto. Lontani dalle loro case e famiglie, devono subire la discriminazione tanto dei loro capi quanto dei residenti che li accusano di fomentare la violenza nel quartiere.

Un road movie è No U-Turn (2022) del celebre regista nigeriano Ike Nnaebue. Raccontato in prima persona, il film ci porta in viaggio con i cittadini nigeriani che lasciano il loro Paese, viaggiando verso Nord attraverso l’Africa e oltre, alla ricerca di lavoro e opportunità per costruirsi un futuro, nonostante le sfide conosciute e sconosciute che li attendono.